Per una rigenerazione ludica a Tor Bella Monaca

All’uscita di scuola gli alunni della Melissa Bassi fanno quello che possono per trascorrere il tempo libero in allegria. Come capita in altri quartieri periferici della città, a Tor Bella Monaca, in modo particolare nei dintorni di Via dell’Archeologia, non è facile trovare un luogo decente e sicuro dove tirare due calci al pallone, giocare a nascondino, acchiapparella, obbligo o verità, ci raccontano tra le righe una quarantina di alunni della scuola (le classi IV e V A) interpellati dal progetto CRESCO nel corso di un laboratorio realizzato a fine novembre. Victoria, ad esempio, mette nero su bianco che a lei non è concesso uscire dal condominio, «quindi prendo la bici e faccio vari giri sotto casa, poi gioco con i vicini». Denira dopo scuola di solito se ne va a casa, Beatrice «a casa o in macchina», Sofia abita vicino a un giardino dove non può andare «perché ci sono le feci dei cani», mentre Viola lascia scritto che «nel giardino sotto casa i vecchietti non ci lasciano giocare».

A partire dalle loro testimonianze abbiamo provato a costruire una prima mappa dei luoghi di svago di Tor Bella Monaca, da integrare e completare con le indicazioni che ci invieranno altri genitori e ragazzi del quartiere. La prima cosa che emerge dai foglietti che ci riconsegnano è la disponibilità a macchia di leopardo, nel più grande complesso residenziale di edilizia pubblica di Roma, di qualche spazio residuale restituito al gioco dei più piccoli esclusivamente dalla buona volontà di abitanti (quasi sempre mamme) impegnati e sensibili.

«Dopo scuola a volte vado all’M1 da Vale e Sofi», scrive Daniel. «All’M1 ci sono palazzi e tanti alberi… lì giochiamo o facciamo passeggiate». Il grande cortile interno è adibito in buona parte a parcheggio, ma in prossimità dei palazzi i residenti del comparto hanno allestito uno spazio ben tenuto, attrezzato con panchine, qualche piccolo gioco e un campetto piastrellato, punto di ritrovo per tanti bambini.
A poche centinaia di metri, oltre il fossato dove transita l’antico tracciato della via Gabina, area archeologica di pregio oggi ridotta a discarica, qualche alunno della scuola passa parte del suo tempo nel parchetto spartitraffico del R1. Un angolo dell’area verde è tenuto in buon ordine dalle mamme del comparto riunite nell’associazione Il Gazebo: piantano i fiori, curano il verde, organizzano cene e iniziative sociali. La parte opposta, in stato di semi abbandono, è occupata da sedute infestate dall’erbaccia, da un filo di plastica steso tra due pali a simulare una rete di pallavolo e da una panchina di legno sghemba. Qui si ritrova Giulia con le amiche per fare Tik Tok.

Mattia nel dopo scuola va a giocare al campo di calcio del R5, vicino al cosiddetto ‘ferro di cavallo’: quando lo abbiamo visitato era un grande acquitrino. A pochi metri dalla porta, una casetta giochi con tanto di tetto rosso e scivolo resiste alle intemperie. Per il resto le grandi coorti dell’immenso comparto di via dell’Archeologia – un serpentone di palazzi a 7 piani e 55 portoni, oltre 1.000 famiglie per almeno 2.500 abitanti – offrono un campionario assortito di relitti ludici: altalene senza altalena, scivoli spezzati, castelletti in disarmo.
A denunciare per prime la scarsità di spazi protetti per i loro figli erano state qualche tempo fa proprio le mamme del R5. Nel 2015 alcune di loro, spalleggiate dal centro sociale «El Chentro», occuparono una delle casette per servizi retrostanti i palazzi e vi stabilirono d’imperio una ludoteca autogestita, uno dei pochi luoghi vivi del quartiere pensato per accogliere i bambini, ancora oggi molto attivo. Federica lo frequenta ogni martedì e venerdì: «in ludoteca studiamo, giochiamo e facciamo merenda». Oltre alla ludoteca, i bambini hanno la possibilità di partecipare alle attività gratuite offerte da altre realtà attive nel quartiere: l’associazione di donne Eutopia (aiuto compiti a Piazza Castano), la Chiesa Santa Maria Madre del Redentore (oratorio, campo di calcio) e la Casa della Pace di Sant’Egidio (calcio, aiuto compiti).

Più a sud, sull’altro versante di Tor Bella Monaca, quello un po’ meno sgarrupato perché vicino all’area commerciale di via Quaglia e al tessuto urbano di Torre Angela, nei pressi del comparto R8 sono attivi a pochi metri di distanza il centro sociale El Chentro (ospita gli insegnanti volontari della Scuola popolare di Tor Bella Monaca), l’associazione culturale Cubo Libro (biblioteca popolare, letture ad alta voce, spettacoli) e il Fienile (iniziative e aiuto compiti).

Qui vicino, a fianco della bella pineta antico retaggio della tenuta Vaselli, sono state installate da poco due altalene, uno scivolo e una piramide a rete, dove vanno spesso Aurora e Alessia. «Mi piace questo parco, è bello e spazioso. Si può giocare ad acchiapparella, a nascondino, con l’altalena o lo scivolo». Dall’area giochi la vista si spalanca sui campi di calcio e sulla tensostruttura del centro sportivo prospiciente lo stradone di via di Tor Bella Monaca. Il grande impianto, rinnovato di recente, è equipaggiato di tutto punto con piscina comunale, palestra su tre piani, spazi e attrezzature per la cura del corpo, la danza, il pilates, le arti marziali. Inizialmente appannaggio  del Comitato di quartiere, da una ventina d’anni il centro è gestito da un’associazione sportiva, offre solo corsi e spazi a pagamento, ed è frequentato dai figli di chi se lo può permettere. Federica viene qui due volte a settimana per la piscina; Christian e Gioele si cimentano nel Hwalmoodo, arte marziale coreana (letteralmente «la via che insegna a proteggere la vita»); un paio di bambine vanno alla scuola calcio.

Tra le mete preferite gli alunni hanno indicato anche i giochi a gettone di Adelandia, a via Quaglia; i corsi di pattinaggio dell’associazione sportiva Stella Blu, ospitati nella parrocchia di Santa Rita; la libreria e lo spazio giochi del centro commerciale Le Torri; lo spazio giochi del Mac Donald in via di Tor Bella Monaca. Nella lista dei luoghi del cuore fuori dal quartiere figurano invece Parco Aurora, un’area giochi attrezzata inaugurata qualche anno fa a Villa Verde (5 chilometri di distanza dalla scuola); il Centro Commerciale Roma Est, a Tor di Nona, meta di gite domenicali con i genitori per tanti bimbi (5 chilometri); l’immancabile Cinecittà World (35 chilometri); e non ultimo «Roma, cioè il Colosseo» (19 chilometri), scrive Federica. «Mi piacerebbe rivedere il centro di Roma», le fa eco Viola.

«Tor Bella Monaca offre molto poco ai nostri figli», sbotta una mamma all’uscita di scuola. «Mancano aree gioco protette dove andare quando chiude la scuola – aggiunge un’altra – molte zone del quartiere non sono sicure, nessuno cura le aree verdi e taglia l’erba». «C’è bisogno di più aree gioco – scrive una mamma che abita da quarant’anni nel quartiere e ha due figli alla Melissa Bassi – perché qui ci sono tantissimi bambini e pochissime altalene o scivoli. Ad esempio, tra il plesso di via Aspertini della Bassi e la sede del municipio c’è tantissimo verde ma i bambini non hanno attrezzature per giocare».

Da queste parole, dalle esigenze compresse dei bambini, dovrà necessariamente partire anche il lavoro di riprogettazione degli spazi pubblici previsto da uno dei più attesi e complessi progetti di rigenerazione urbana in programma a Roma nei prossimi anni. Entro il 2026, infatti, una parte ingente dei fondi previsti dal programma «Qualità dell’abitare» (Pinqua) e dal «Piano Urbano Integrato» del PNRR dovrà essere spesa proprio qui, a Tor Bella Monaca, per garantire la riqualificazione del comparto R5 in via dell’Archeologia, e le aree all’aperto adiacenti. Chi conosce il quartiere sa che raggiungere questo obiettivo in tempi così stretti è una sfida spericolata. La si potrà vincere, forse, soltanto grazie al pieno coinvolgimento degli abitanti e delle realtà attive del territorio. Per garantire un processo di cambiamento reale e duraturo, al tavolo di coprogettazione dovranno sedere necessariamente anche le mamme, gli insegnanti, gli educatori che operano sul territorio. E i bambini, naturalmente. La mappa che ci hanno dettato offre tante indicazioni su quello che bisogna fare.

Foto di Mohamed Keita