Uno spazio vivo
Il processo partecipativo e il progetto della nuova piazza
Il percorso di progettazione di Largo Mengaroni – ampio piazzale realizzato a metà dal programma europeo URBAN e lasciato per vent’anni in stato di semi-abbandono – è stato avviato nel luglio 2020 con la partecipazione attiva degli abitanti e delle associazioni locali, coinvolte in numerose occasioni di confronto durante tutto il 2021.
A partire dai desiderata emersi in quelle occasioni, il progetto prevede la messa in posa di una nuova pavimentazione, il potenziamento dell’illuminazione, l’inserimento di nuove alberature, la realizzazione di nuovi spazi adatti a molteplici utilizzi. Il progetto va a realizzare un’area giochi per bambini con nuove attrezzature adatte alle diverse età; un campo da street basket e uno skate park per i giovani; aree sosta e relax in cui ritrovarsi, con sedute e tavolini pensati per le persone anziane; uno spazio multifunzionale per ospitare il gioco libero, eventi, spettacoli dal vivo.
Il disegno della nuova piazza, firmato da Marco Gissara e Maria Vallo, si è avvalso della collaborazione del LABSU, il Laboratorio di Studi Urbani del Dipartimento DICEA dell’Università La Sapienza di Roma.
Il complesso iter autorizzativo dell’opera da parte del Comune di Roma si è concluso definitivamente il 27 gennaio 2023 con la consegna dell’area alla Fondazione Paolo Bulgari. I lavori sono stati affidati alla ditta Euroscavi e iniziano il 13 febbraio; la durata dell’intervento è stimata in nove mesi. Qui sotto puoi approfondire la relazione generale dell’intervento e leggere l’intervista ai progettisti.
Parola ai progettisti
Perché un “cantiere di rigenerazione educativa” a Tor Bella Monaca
Ci voleva una pandemia per comprendere l’importanza strategica della scuola nella nostra vita e nei nostri quartieri, e per aprire gli occhi sulla funzione educativa dello spazio pubblico, exit strategy per l’apprendimento all’aria aperta quando le scuole chiudono i battenti. Non dappertutto però: in alcuni territori questa consapevolezza era già ben radicata da anni. Ad esempio in quei quartieri marginali(zzati) nei quali l’espressione «diritto alla città» suona a vuoto, le piazze sono da tempo zona rossa per i bambini, e la scuola rappresenta l’ultimo avamposto dello stato, una trincea di cultura, socialità, civismo, estremo baluardo (spesso malconcio) dei valori costituzionali.
A Tor Bella Monaca, il più esteso quartiere di edilizia pubblica della Capitale, dove nel dicembre 2019, pochi mesi prima della detonazione del Covid, ha preso il largo CRESCO, progetto nato dall’incontro della neonata Fondazione Paolo Bulgari con alcuni attori impegnati sul territorio: il Laboratorio di studi urbani (LABSU) del DICEA dell’Università la Sapienza, forte della ricerca-azione avviata anni fa da Carlo Cellamare e Francesco Montillo (narrata nello splendido volume a più voci «Periferie: abitare a Tor Bella Monaca», Donzelli 2020); l’associazione culturale Cubo Libro, attiva da un decennio a largo Mengaroni per favorire l’accesso alla lettura dei più piccoli; due grandi scuole del quartiere, gli istituti comprensivi Melissa Bassi e Acquaroni. Nella sua prima fase l’intervento si è dato una prospettiva temporale triennale con il duplice obiettivo di sostenere la comunità educante e di contribuire alla riqualificazione di alcuni spazi comuni: la spianata di Largo Mengaroni, priva di cura e pensiero da vent’anni, e alcuni ambienti degli istituti del quartiere. Il tutto in collaborazione con il VI municipio, e attraverso il pieno coinvolgimento della cittadinanza in percorsi di progettazione, autocostruzione, manutenzione degli spazi, micro attivazione lavorativa.
L’acronimo CRESCO è un programma di lavoro: Cantiere di Rigenerazione Educativa, Scuola, Cultura, Lavoro. Per ‘cantiere’ si intende un percorso aperto alla co-progettazione, alla sperimentazione, alla scoperta. Un processo, più che un piano predefinito, nel quale tutti abbiamo qualcosa da imparare. «Cantiere», non a caso, proviene dal greco kantḗlios, ‘asino’, parola che evoca la santissima trinità – «santa asinità, santa ignoranza, santa stoltezza» – magnificata quasi cinquecento anni fa da Giordano Bruno: «Voglio che comprendiate e sappiate … che la somma cognizione è certa stima che non si può saper nulla e non si sa nulla, e per consequenza di conoscersi di non posser esser altro che asino e non esser altro che asino». Con l’espressione «rigenerazione educativa», oltre a voler esplicitare il ruolo centrale assolto dalla scuola nel progetto, si è voluto mettere in relazione la promessa di ‘rinascita’ iscritta nel primo vocabolo (da genus, gignĕre, «nascere») con l’attenzione all’ascolto presupposta dal pedagogico ex-ducere, «condurre fuori». Nella consapevolezza che non si ha la pretesa di ‘insegnare’ a nessuno (insignare, imprimere il sigillo), ma piuttosto di cercare di ‘imparare’ insieme (in-parare, acquistare) strada facendo, coinvolgendo gli abitanti, gli insegnanti, gli educatori, gli urbanisti, nella ricerca delle soluzioni migliori. È così è stato. La richiesta di intervenire per riqualificare il giardino della Melissa Bassi è giunta direttamente dalla dirigente e da alcuni docenti dell’istituto che, ben prima del lockdown, vedevano negli ampi spazi all’aperto dell’istituto il primo e principale spazio di miglioramento dell’offerta formativa, nella direzione di una didattica più laboratoriale e inclusiva, fondamentale nel contesto sociale complesso di Via dell’Archeologia. Allo stesso modo molte delle indicazioni che hanno orientato la stesura del nuovo piano di assetto di Largo Mengaroni, sono emerse all’interno dei laboratori di consultazione e progettazione partecipata avviati (con tutte le precauzioni del caso) nella piazza tra fine giugno e luglio 2020, in uno dei rari momenti di tregua concessi la scorsa estate dall’indebolimento della carica virale.
Un cantiere avviato su queste basi richiede tempo e pazienza. Bisogna stringere i contatti, costruire la fiducia, progettare insieme. Bisogna, nel frattempo, districarsi nei meandri della burocrazia, dipanare la tela delle competenze, delle leggi, dei cavilli, e incamminarsi con coraggio, trattenendo il respiro, nel labirinto delle vie autorizzative. La «procedura» è un miraggio, un mistero, una saponetta: quando credi di averla in pugno, è già sgusciata via. In particolare se sei un ente filantropico privato che coltiva la strana ambizione di intervenire con fondi propri per riqualificare il giardino di una scuola pubblica in disarmo, secondo un progetto esplicitamente richiesto dal consiglio di istituto, considerato da tutti di rilevante interesse generale, sostenuto dai rappresentanti istituzionali, costruito alla luce del giorno insieme all’Università e alle autorità competenti con l’unico obiettivo di valorizzare un bene comune, senza alcun possibile scopo di lucro o di ritorno particolaristico. In questo caso la procedura pare debba essere forgiata ex novo perché, a quanto si dice (stiamo verificando), non vi sarebbero precedenti comparabili. Ovvero: mai a Roma, Capitale d’Italia, si sarebbe registrata fino ad oggi una significativa partnership pubblico-privato con il proposito di sostenere e rilanciare una scuola statale. Figuriamoci poi una scuola a Tor Bella Monaca, in via dell’Archeologia, quello che i tedeschi chiamano schlechte Adresse, «cattivo indirizzo». Una scuola di frontiera che fino al 2019, per ben otto anni, è stata abbandonata senza dirigente, e se l’è dovuta cavare con un reggente che ha fatto ciò che ha potuto per mantenere la barra a dritta tra mille altri impegni, con pochi docenti stabili e risorse economiche standard, le stesse sulle quali può fare affidamento un qualsiasi istituto che affaccia sul Colosseo e su via delle Milizie. (Perché il nostro Paese, fino ad oggi, non è stato capace di varare politiche di discriminazione positiva per venire in soccorso alle scuole che operano nei territori sensibili, siano essi le grandi periferie urbane o le aree interne. Con il paradosso, segnalato più volte dall’OCSE, che le scuole più a rischio finiscono per ricevere meno risorse).
Oltre ai lenti e faticosi avanzamenti della procedura amministrativa, che ci auguriamo si possa concludere positivamente entro l’estate, la prima annualità di CRESCO ha portato in dote il progetto esecutivo del giardino centrale della Melissa Bassi, con la prevista realizzazione di 5 aule all’aperto e a tema (arte, lettura, natura, musica e scrittura), nonché il progetto preliminare della piazza e il nuovo piano di assetto. Coordinato da Carlo Cellamare e Francesco Montillo per il DICEA, e disegnato da un equipe di giovani professionisti formata dall’ingegnere Marco Gissara e dall’architetta Maria Vallo (coadiuvati da Pierluigi Palese e Cecilia Zamponi), il progetto per Largo Mengaroni si propone di «fornire spazi adeguati a ‘densificare’ gli usi della piazza, agevolando l’incontro tra diversi gruppi sociali, riconoscendo in tale dinamica (e non nella separazione) la vera anima dello spazio pubblico». L’obiettivo è quello di trasformare quella che oggi appare a tutti gli effetti come una desolata ‘spianata’ in una vera e propria piazza, articolata in una sequenza di spazi attrezzati per accogliere i bambini, i giovani, e gli anziani, sostituendo parte della pavimentazione, riqualificando e ampliando le aree verdi, realizzando e potenziando i luoghi dello stare (ombreggiamento, sedute e altri arredi urbani), ripensando l’illuminazione presente per renderne possibile l’utilizzo anche negli orari notturni. Una particolare attenzione è stata posta per garantire il gioco in sicurezza dei bambini, intervenendo anche sulla viabilità perimetrale e sul suo rapporto con l’area pedonale, per favorire l’intrattenimento di giovani, attraverso la realizzazione di uno skate-park e di un campo da street basket a un solo canestro.
Gli interventi di riqualificazione degli spazi fisici proposti da CRESCO, nella piazza e nella scuola, hanno una chiara funzione pedagogica perché – come ci ricordano Malaguzzi, inventore di Reggio Children, e altri venerati maestri – lo spazio è a tutti gli effetti il «terzo educatore», perché la qualità dell’ambiente in cui siamo immersi esercita un ruolo strategico nei processi di apprendimento, crescita, costruzione di cittadinanza. Allo stesso tempo, il coinvolgimento delle associazioni e degli abitanti del quartiere nel processo di riconquista dei luoghi dal degrado, fa sì che lo spazio pubblico possa tornare ad essere terreno di incontro, socializzazione e di espressione della comunità. Un obiettivo che CRESCO perseguirà lavorando anche sul piano della comunicazione, utilizzando strumenti e canali (attualmente la pagina Facebook) per raccontare dall’interno la ricchezza della comunità educante di Tor Bella Monaca e contribuire alla rigenerazione dell’immagine stigmatizzante del quartiere. Un’immagine a senso unico, associata esclusivamente alla cronaca nera, che finisce per marchiare a fuoco i più giovani con etichette che si appiccicano addosso, alimentando insicurezze, rivendicazioni identitarie, e ulteriori chiusure di orizzonti. Orizzonti che CRESCO vuole provare a riaprire.
di Giulio Cederna – Direttore programma Italia Fondazione Paolo Bulgari