«Se il virus non si ferma, come fece la Sars all’inizio del 2000, sarà quasi impossibile riuscire ad aprire la scuola a settembre, a meno di una mobilitazione immediata e straordinaria di tutta la comunità educante», dice pensieroso Paolo Siani, pediatra e deputato PD, oggi in prima linea nel tentativo di riportare le istanze dell’infanzia all’interno dell’agenda politica della post-emergenza.

«L’inizio di questa crisi spaventosa è stato difficile anche per me, visto che un collega è risultato positivo, e io e mia moglie siamo dovuti entrare in quarantena. Da quando ho ripreso a lavorare mi sono impegnato con alcuni colleghi dei diversi schieramenti di governo (PD, Cinque Stelle, Leu, Italia viva) per mettere al centro del dibattito i diritti dei bambini, a dire il vero un po’ trascurati dalla politica durante l’emergenza. A un certo punto si parlava di tutto – cani, jogging, campionato – ma non di chi, per inciso, sta pagando il prezzo più alto al lockdown».

In poche settimane, racconta Siani, l’attività su questo fronte è cresciuta enormemente, tra continue riunioni skype, missioni a Roma, audizioni, stesura di documenti, fino al recente incontro con Giuseppe Conte: «Grazie all’impegno di tanti, il 27 aprile il Primo Ministro ci ha ricevuto insieme ad un’ampia delegazione del governo – i ministri Bonetti, Catalfo e Bonafede e la sottosegretaria Zampa – ci ha ascoltati con vivo interesse e sembra aver recepito il messaggio. Abbiamo avanzato diverse proposte e chiesto una regia unica sul tema dell’infanzia: oggi ognuno fa il suo pezzettino, staccato da quello degli altri, e la task force finisce per avere una visione frammentata su questa questione delicata e decisiva».

Ex presidente dell’ACP, l’Associazione Culturale Pediatri, Paolo Siani ha sempre interpretato il suo lavoro – prima al Cardarelli, poi al Santobono di Napoli – con una particolare attenzione alla dimensione sociale della professione. Per esperienza sa bene che prendere in carico precocemente i bambini e le loro famiglie nei territori difficili può significare prevenire la povertà e la dispersione scolastica. Da fratello del compianto Giancarlo – brillante giornalista ucciso dalla camorra a soli 26 anni nel 1985 – vede meglio di chiunque altro la funzione strategica della scuola nel contrasto alla devianza minorile e alla criminalità organizzata. A Sud, e non solo, i minorenni che decidono di stare con le mafie sono quasi sempre figli del degrado e solo la scuola può salvarli offrendo un’alternativa a modelli fatti di violenza e di morte. Per questo, da settimane vive la loro serrata con grande preoccupazione. «La chiusura delle scuole è stato un atto necessario che ha contribuito ad arginare l’epidemia. Giusto. Ma qualcuno si sta chiedendo sul serio quali e quanti danni questa situazione ha portato a tanti bambini, e quanti ancora rischia di produrne nei prossimi mesi se non saremo capaci di riaprirle in fretta? Pensiamo anche al fatto che molti bambini con la chiusura della scuola e della mensa scolastica hanno perso l’unico vero pasto della giornata…».

Su questo fronte, tuttavia, gli scenari disegnati dagli esperti non fanno presagire nulla di buono. Arginato a fatica in questa prima fase di clausura totale, il virus è ormai stabilmente tra noi, e gli epidemiologi della task force del Governo hanno il fondato timore che la riapertura sic et simpliciter della scuola, con la movimentazione di 8 milioni tra bambini e ragazzi, insegnanti, bidelli, famiglie, eccetera, possa contribuire a rimetterlo in circolo. «Sugli effetti del virus sui bambini e sui benefici della chiusura delle scuole la letteratura scientifica non è tutta d’accordo, ma ne sappiamo ancora troppo poco. Allo stato attuale sappiamo soltanto che a novembre saremo tutti chiamati a fare il vaccino influenzale classico (se l’avessimo fatto all’inizio di quest’anno ci avrebbe consentito di isolare meglio i sintomi legati al corona virus), che a marzo, forse, avremo un vaccino e che solo a giugno del 2021, se tutto andrà bene, riusciremo a superare questa emergenza. Fino ad allora è chiaro che sarà molto complicato ricominciare la scuola, anche con meno bambini. Per riuscirci serve una grande mobilitazione, da domani a settembre, per inventarci qualche nuovo tipo di scuola mista e flessibile, in parte a distanza, in parte all’aperto. Recuperiamo e mettiamo insieme tutti gli spazi aperti dei quartieri, dagli oratori ai cortili. Sperimentiamo nuovi modelli di insegnamento in piccoli gruppi. Raggiungiamo tutti i ragazzi e diamo loro un pc e una connessione wi-fi stabile. Facciamo formazione agli insegnanti. Se non utilizziamo anche questa estate come un grande momento di sperimentazione e di attivazione della comunità educante, a settembre ricominceremo con la didattica dell’emergenza che, malgrado il sacrificio e l’impegno di tanti, si sta rivelando gravemente inadeguata soprattutto negli ordini inferiori di scuola. Anche di questo abbiamo parlato con Conte. La politica deve dare un segnale forte in questa direzione e gli esperti devono fissare urgentemente criteri chiari per rendere possibile, nel rispetto dei precetti di salute, l’attività di servizi, scuole ad educatori».

Nel corso dell’incontro, Paolo Siani, Paolo Lattanzio, Rossella Muroni, e altri parlamentari, hanno avanzato diverse proposte, tra cui la necessità di garantire un sostegno economico a tutti quei bambini che nascono in questi mesi di forte crisi, attraverso la rimodulazione, in modo semplice e universale, di una serie di interventi e contributi alle famiglie oggi frammentari e discontinui (a partire dal bonus baby sitter ritenuto insoddisfacente da oltre 80mila nuclei familiari). «Immaginate un pizzaiolo napoletano e la moglie estetista che l’anno scorso hanno scelto di fare un figlio: oggi lui non è più pizzaiolo e lei non è più estetista. In quella famiglia o entra lo Stato con un sostegno vero, o entra la camorra. Dare un assegno unico per ogni figlio, anche in forma ridotta, ad esempio fino al compimento del decimo anno, potrebbe cambiare la vita a tanti. Spero che riusciremo a convincere il governo ad adottare questo provvedimento fondamentale. Prima di lasciare Conte, gli ho detto anche che questa epidemia ha messo in evidenza le due gravi criticità del paese: Sanità e Scuola. Sulla prima stiamo recuperando; se riusciremo a recuperare anche sulla seconda – con più formazione, aule migliori, innovando la didattica, eccetera – avremo cambiato il Paese».