Tra procedure che si aggiornano, banchi che non arrivano e dirigenti che si ingegnano, servirebbe un indovino per raccontare la scuola che verrà (forse) fra qualche giorno. Con certezza possiamo dire soltanto che sul banco degli imputati di questo inizio sdrucciolo non c’è solo il COVID 19. L’affanno della riapertura in Italia dipende anche da un virus molto più antico e diffuso, e al quale siamo ormai assuefatti: la scarsa considerazione in cui è tenuta l’istruzione pubblica nel nostro Paese (d’ora in poi per brevità, SCARS).

Facciamo un esempio, concreto: la ricerca affannosa di nuovi spazi per garantire il distanziamento di almeno un metro tra alunni secondo la normativa anti-Covid è in buona parte una conseguenza di lungo periodo dei tagli lineari della riforma Gelmini. Lo dice con cognizione di causa Alessandro Figà Talamanca, assessore alla scuola nel primo Municipio di Roma, un’estate trascorsa a srotolare il metro nelle aule del centro storico:

«Per quanto riguarda le strutture di nostra competenza – le elementari e le medie – inizialmente siamo stati sommersi di richieste, ma quando i criteri si sono definiti, abbiamo capito che saremmo riusciti a risolvere quasi dappertutto adibendo a classi alcuni refettori e laboratori della materna, e facendo più classi prime in ingresso, quindi meno numerose, per sfruttare anche gli spazi più piccoli in conformità con la vecchia normativa. In fondo è stato quasi sufficiente ottenere dal MIUR un po’ più di insegnanti per ripristinare i numeri pre-Gelmini. Diverso il caso delle scuole superiori di competenza di Roma Capitale, per le quali la riforma del 2008 ha imposto aule da 29 e da 30 alunni, malgrado la normativa antincendio – e oggi la scienza del distanziamento – autorizzi un massimo di 25 alunni nella tipica aula scolastica di 45 metri quadri. La verità è che per risparmiare quattro soldi, la Gelmini ha calpestato le principali normative in materia di sicurezza, e oggi ne paghiamo lo scotto». Senza gli scriteriati tagli lineari compiuti allora – 4 miliardi di euro – oggi avremmo una scuola migliore e meno problemi a garantire la ripresa.

Un altro esempio tangibile del ruolo esercitato dalla SCARS nella complicata riapertura delle scuole lo fornisce il sesto municipio, il più esteso, più popolato, il più giovane della Capitale. In questa città nella città che continua a crescere oltre la città senza quei servizi elementari che fanno di una città una Città, con una carenza strutturale di spazi per la scuola e per il gioco dei bambini, la difficoltà di riavviare l’anno scolastico non è certamente una novità dettata dal COVID, ma un problema strutturale che si trascina da anni tra le proteste delle famiglie e dei comitati di quartiere, al quale il Comune stenta a dare risposte.

«Quest’estate abbiamo organizzato i sopralluoghi in tutte le scuole, incontrato tutti i dirigenti, aderito a tutti i bandi, avviato un elenco di lavori di manutenzione che non finisce più – racconta Alessandro Gisonda, assessore alla scuole e alla cultura del Municipio. – Stiamo cercando di tamponare il più possibile, ma ci troviamo ad affrontare un’emergenza unica nel suo genere in un contesto già di per se eccezionalmente critico e con le solite procedure ordinarie, le fotocopie, i verbali scritti a mano. Una settimana fa abbiamo ricevuto i famosi fondi PON, 300 mila euro da suddividere tra le nostre cento scuole e da mettere a gara con un’ulteriore dilazione di tempi visto che il MIUR ha deciso di affidarli con il Titolo 2. E intanto abbiamo una decina di opere bloccate per una quantità assurda di errori compiuti nel passato: opere assegnate male, senza procedure, senza espropri, costruite peggio, non consegnate, piani di zona non completati. Le palazzine, guarda caso, sono tutte a posto; le scuole le hanno messe nei fossi o nelle aree archeologiche».

Impressionante l’elenco di opere congelate in un territorio che fronteggia il sovraffollamento a colpi di tramezzature (da rimuovere in epoca COVID) e doppi o tripli turni: un plesso in stand by a Finocchio per il mancato completamento del piazzale antistante e della strada d’accesso; una materna incompiuta a Lunghezza, in attesa dal 2014 di parcheggio, strada di accesso, imbocco in fogna e tutti gli elementi di finitura ed impiantistici; un asilo nido appaltato nel 2009 alla Borghesiana e fermo per un contenzioso con l’impresa appaltatrice; una materna che attende il progetto definitivo a Lunghezzina; una procedura d’esproprio abortita a Finocchio (in Via della Lite, guarda caso); una scuola già finanziata a Corcolle (4 milioni di euro) insabbiata da anni negli uffici di progettazione del Comune.

«Quest’anno siamo riusciti finalmente a sbloccare e ad affidare a Finocchio 5 aule completate da tempo e mai utilizzate per un contenzioso insorto con le suore che detenevano la proprietà dell’area. Ma è assurdo pensare di governare un territorio di 260 mila abitanti se le competenze effettive sull’urbanistica, sul patrimonio, eccetera, sono in capo a dipartimenti centrali che si devono occupare di tutta la città, sulle cui scrivanie si vanno accumulando cataste di pratiche inevase».

Giorno dopo giorno l’emergenza sanitaria fa venire al pettine i tanti nodi irrisolti delle politiche educative (generalmente) al ribasso di questi ultimi decenni, su scala nazionale e a su scala locale, in tanti e diversi ambiti fondamentali del sistema scuola: dall’edilizia al reclutamento e alla formazione dei docenti.  Riaprire la scuola è «un’improrogabile necessità per garantire il pieno diritto alla relazione e all’educazione delle bambine e dei bambini», afferma il documento della Task force Scuola di Roma Capitale. «Un rischio necessario ma anche un’occasione da non perdere per rimettere la scuola in piedi in tutto il Paese – ha scritto Ezio Mauro su Repubblica – colmando ritardi territoriali, scompensi, responsabilità, e portando l’Italia al livello dei sistemi più avanzati». Perché questo auspicio si avveri sarà fondamentale cambiare registro: oltre al vaccino contro il COVID, serve urgentemente quello contro la SCARS, per rimettere le politiche educative al centro della vita del Paese.