Il progetto ‘Benvenuti a Roma – Centri estivi per bambini e ragazzi ucraini’ volge ormai al termine ed abbiamo avuto modo di trarne un primo bilancio intervistando operatori e mediatrici dell’IC Guicciardini di via Sforza.

In analogia a quanto già fatto ad inizio Progetto con le altre quattro scuole coinvolte, si è voluto indagare composizione del gruppo di operatori, loro esperienze precedenti e caratteristiche peculiari di questa, stato dei ragazzi (problematiche emerse, cambiamenti, condizione emotiva), modalità di svolgimento delle giornate, qualità dell’interazione con i bambini italiani, relazioni tra operatori e parenti dei bambini, possibili sviluppi per l’inizio del prossimo anno scolastico.

Natalia, coordinatrice ucraina delle attività di Progetto per CSV Lazio, è la prima a parlare e ci racconta che, facilitati anche dalla posizione geografica al centro della città nel quartiere Monti, questo centro estivo risulta molto attivo  e, rispetto agli altri, è anche quello che riesce ad organizzare più attività all’esterno. Grazie all’intraprendenza di Olga e del gruppo di educatori, i ragazzi hanno fatto gite a Villa Celimontana, all’Orto Botanico, a Colle Oppio, alle Terme di Diocleziano, alla casa delle Farfalle e anche semplicemente escono per prendersi un gelato tutti insieme.

Inoltre la classe viene integrata spesso con le classi dei bambini italiani, e vengono organizzati numerosi laboratori: pasticceria, pizza, origami, cappelli da chef ecc. Proprio durante la nostra visita è presente, come ospite speciale, una nonna russa a condurre con il nipote, coetaneo dei ragazzi del centro estivo, il laboratorio di pasticceria di giornata (cake cups).

Viene poi il turno di Giulia, educatrice professionale laureata in scienze dell’educazione. Ci racconta che il gruppo di educatori in servizio alla Guicciardini è composto da due educatrici professionali (Giulia e Alessia), una mediatrice culturale madrelingua (Olga), una volontaria del servizio Civile (Rossella). I bambini iscritti al centro estivo sono circa 20 ma ogni giorno si può contare su circa 8-12 presenti (in maggioranza maschi, 5 maschi e 3 femmine). Tutti i bambini hanno una età compresa tra i 6 ed i 10 anni, tranne uno di 13.

Giulia descrive la giornata tipica. Tra le 08.30 e le 09.30 c’è l’ingresso dei ragazzi e l’accoglienza in giardino; dalle 09.30 alle 10.15 si fa un piccolo cerchio e si gioca in giardino; dalle 10.15 alle 10.30 si fa merenda sul terrazzo e poi, dalle 10.30 alle 11.30, si ha il corso italiano vero e proprio. Dalle 11.30 alle 12.30 i ragazzi sono impegnati in un laboratorio che è diverso ogni giorno fino alle 12.30 quando si riscende in giardino per l’uscita, prevista fino alle 13.30.

Giulia è abbastanza soddisfatta dei progressi fatti dai ragazzi. All’inizio erano guardinghi e non volevano partecipare a giochi di gruppo mentre adesso si fidano e prendono parte ad ogni attività che viene loro proposta. Ovviamente su educatrici e ragazzi pesano le difficoltà di tipo linguistico ed è difficile costruire una relazione rapidamente come si sarebbe potuto fare con dei ragazzi italiani. Tuttavia, anche da questo punto di vista ci sono stati dei notevoli progressi e educatori e ragazzi riescono ora a fare dei giochi anche senza il supporto della mediatrice. I rapporti tra educatori e ragazzi sono buoni ed i ragazzi, considerato il contesto di provenienza, si sono mostrati più vivaci ed aperti del previsto. Gli unici problemi ci sono stati con il ragazzo di 13 anni, il più grande del gruppo, che per ovvie ragioni ha avuto difficoltà a prendere parte ad attività pensate per i più piccoli.
Ci racconta di scambi regolari, circa una volta a settimana, con gli altri centri estivi e di una buona partecipazione da parte dei parenti: mamme e zie accompagnano volentieri i ragazzi nelle attività che vengono fatte all’esterno o nelle gite ed esiste addirittura un gruppo WhatsApp in lingua ucraina cui partecipano parenti e mediatrice. Ovviamente, anche qui per ragioni linguistiche, i parenti hanno relazioni principalmente con la mediatrice più che con il gruppo degli educatori. Il suo suggerimento è quello di prevedere fin da subito una fusione tra i centri estivi ucraini e quelli italiani in modo che i bambini possano mescolarsi e giocare insieme fin da subito senza attendere le prime competenze linguistiche.

È invece Olga, la mediatrice, a mettere in risalto alcuni elementi di criticità che sono emersi dall’esperienza.
Una prima difficoltà è quella legata al diverso modello scolastico in uso in Italia e Ucraina. Lì la maggior parte delle scuole sono di tipo Steineriano e prevedono, oltre ad aule dedicate (es. aula di botanica), un numero molto alto di attività realizzate all’esterno mentre secondo lei qua si tende a passare molto tempo in classe.
Questo è un problema sia per i grandi che per i piccoli e tutti loro avrebbero bisogno di fare più attività all’aperto, nella natura. I grandi poi hanno maggiore bisogno di sfogare fisicamente la loro energia e per loro servirebbe anche attività fisica strutturata e poter praticare dello sport.

Avrebbero poi bisogno, dopo la fine dei centri estivi, di esser impegnati anche ad agosto (e tendenzialmente anche a settembre per quanti decideranno di non iscriversi a scuola) in quanto le madri avranno comunque bisogno di tempo per loro (es. lavoro) e i ragazzi di svago fuori casa. A titolo di esempio, ci racconta di una signora ucraina di cui ha sentito parlare (ma di cui non ha conoscenza diretta) che mette a disposizione, a proprie spese, un pulmino che partendo da Termini porta i ragazzi al mare.

Da un punto di vista emotivo, la maggior parte dei bambini avverte la mancanza del papà lontano e condivide una preoccupazione di fondo per l’incolumità di chi è rimasto nel paese. Tale preoccupazione è largamente diffusa ma resta tuttavia inespressa e difficilmente viene verbalizzata, anche alla mediatrice.
Per questo Olga ravvisa la necessità di ascolto e comprensione ed ipotizza un sostegno di tipo psicologico ed emotivo per tutti loro, quantomeno uno spazio protetto in cui potersi aprire e confidare ad una figura di rifermento di cui si ha fiducia i propri timori e le proprie paure. La mediatrice gode della fiducia dei bambini e, in teoria, potrebbe essere quel tipo di figura ma dovrebbe avere a disposizione uno spazio strutturato in cui poterli incontrare ed ascoltare singolarmente, in un rapporto di uno ad uno.

Anche secondo lei, poi, proprio come per Giulia, i bambini italiani ed ucraini partecipanti ai centri estivi dovrebbero mescolarsi di più e fare attività comuni fin dal primo momento. Per quanto riguarda infine le prospettive future, Olga riferisce che ad oggi solo una bambina si è iscritta all’anno scolastico 2022-23: tutti gli altri, o meglio i loro genitori, non ne vedono la necessità in quanto si aspettano di tornare a casa a breve o quanto meno di far partecipare i loro figli da remoto alla DAD organizzata dalla scuola ucraina.

Da queste lezioni apprese, insomma, possiamo trarre preziose indicazioni metodologiche sul ruolo della scuola e della sua centralità nei processi di socializzazione tra bambini anche in frangenti così drammatici.