«Questa situazione ci è caduta addosso e, per quanto mi riguarda, non potrò mai dimenticarla», sospira da casa sua a Napoli, Alessandra Scamardella, neo dirigente dell’Istituto Comprensivo Melissa Bassi, avamposto educativo nel cuore di Tor Bella Monaca. «Non è facile. C’è disorientamento, ci sono tanti problemi, bambini ‘dispersi’, ma c’è anche un’incredibile mobilitazione per provare a risolverli. Dal mio corpo docente sto ricevendo una grande lezione di vita».

Ha preso servizio presso l’Istituto Comprensivo Melissa Bassi il 2 settembre 2019, pochi mesi fa, dopo quindici anni di docenza a Napoli. «Malgrado l’amore per l’insegnamento ho deciso di fare il concorso da dirigente perché voglio contribuire a rendere più concreta una certa idea di scuola che sento vicina, quella della scuola inclusiva nel senso più vasto del termine». Detto-fatto… Alessandra Scamardella è stata accontentata subito con un incarico fuori sede alla Melissa Bassi, istituto comprensivo ‘penalizzato’ dalla collocazione geografica: Roma, Tor Bella Monaca, via dell’Archeologia. Quello che i tedeschi chiamano Schlecte ardesse, cattivo indirizzo. Fresca di nomina si è buttata anima e corpo nell’impresa, ma non poteva certo immaginare che alla difficoltà geografica avrebbe dovuto sommare quella epocale del virus. «Come i miei colleghi appena immessi in ruolo, mi ero formata a tutt’altro per questa parte dell’anno… Invece stiamo affrontando una fase complicatissima sotto tanti e diversi aspetti – dalla reinvenzione della didattica, alla gestione dello spaesamento degli insegnanti, dall’utilizzo dei nuovi fondi all’acquisto in corsa di tecnologie, eccetera – con la tristezza nel cuore di non poter dare il contributo in presenza, a scuola».

Ci può fare un quadro della situazione?

«La prima cosa che devo dire è che c’è un grande senso di smarrimento. Da parte dei docenti, costretti a reinventarsi il lavoro. Ma anche da parte degli alunni. Soprattutto i ragazzi più difficili, quelli che alle medie ci danno filo da torcere, nelle lezioni a distanza continuano a testimoniare quanto gli è venuta a mancare la scuola. Vivono questa fase con vera e propria sofferenza. Ci chiedono a ripetizione ‘quando finisce?’, ‘quando possiamo tornare?’ E tu vorresti dire a tutti che si torna tra una settimana, vorresti dargli una certezza, come del resto ai nostri stessi figli, ma non è possibile… e questo aumenta il senso di pena e frustrazione».

Ma la sua scuola come ha reagito?

«La didattica a distanza purtroppo ha portato alla luce anche le disparità tra le scuole… perché non siamo partiti tutti con lo stesso approccio al mondo digitale, con la stessa formazione, con le stesse strumentazioni. Questa scuola per diversi anni non ha potuto contare su un dirigente di ruolo, e sotto questo aspetto è molto indietro. Alle medie abbiamo una sola LIM, in biblioteca. Per fortuna, però, posso fare affidamento su un corpo docente composto nella stragrande maggioranza dei casi da persone che hanno scelto questa scuola. E tutti gli insegnanti si sono attivati subito in una chiave nuova, hanno superato progressivamente la difficoltà di una mancata formazione ad hoc, si sono reinventati il lavoro, hanno rimodulato la programmazione, testimoniando vicinanza e grande forza. Mi stanno dando una lezione di vita».

Qual’è il quadro delle lezioni a distanza?

Ho appena finito una ricognizione dettagliata delle diverse attività svolte in queste settimane. Il primo dato è che c’è una divaricazione di canali e di proposte. La scuola secondaria di primo grado si è orientata fin dall’inizio alla realizzazione di videolezioni e videoconferenze attraverso Zoom e Weschool. La restituzione dei compiti avviene attraverso posta elettronica e il tutto è filtrato dalla condivisione con il registro elettronico. La scuola primaria ha avuto più problemi nella fase di organizzazione e nella stragrande maggioranza dei casi comunica via whats’app. Ma ci sono anche alcune classi che sono riuscite a costruire percorsi didattici e videolezioni tramite via Skype, grazie alla collaborazione dei genitori. L’animatore digitale della scuola e la funzione strumentale della multimedialità hanno inoltre creato un canale Youtube di istituto dove gli insegnanti possono caricare e condividere tutti i materiali didattici prodotti: registrazioni sonore, video, proposte di siti, eccetera. Una volta caricato il materiale il docente riceve un link che può condividere con i genitori e con i ragazzi della propria classe. Questa iniziativa ha prodotto una grande messa in opera dei docenti e dimostrato che da questa crisi possiamo trarre linfa nuova per riammodernare la didattica.

Ma riuscite a raggiungere tutti i ragazzi?

Qui viene la nota dolente. Soprattutto alla primaria, non abbiamo più notizie da molti alunni. Abbiamo telefonato più volte ai recapiti telefonici nel nostro archivio senza avere risposta. E stiamo parlando di un numero molto significativo di bambini: in alcune classi delle elementari la didattica a distanza raggiunge meno della metà degli alunni; nelle altre abbiamo una media di 4 irraggiungibili. In alcuni casi di tratta dei bambini del campo Rom di Salone, con i quali siamo comunque in relazione attraverso la referente interna, e che non hanno strumenti per collegarsi. Ma l’area della ‘dispersione’ a distanza, un fenomeno molto insidioso in prospettiva futura, è molto più ampia. Ai bambini usciti dai radar bisogna poi aggiungere i bambini che non hanno la strumentazione idonea per connettersi o che si sono connessi inizialmente ma poi hanno finito il credito e non sono più attivi.

Sono arrivati i soldi del MIUR per l’acquisto dei tablet? Bastano per tutti?

I soldi del MIUR sono arrivati in maniera molto tempestiva. La nostra scuola ha ricevuto 10.000 euro, 8.500 netti per l’acquisto di device, e fino ad oggi abbiamo ricevuto una cinquantina di domande. Stiamo preparando i criteri per l’assegnazione e avendo fatto un’indagine di mercato sul costo dei tablet sappiamo fin d’ora che non riusciremo a soddisfare tutte le richieste. Faccio notare che tra le priorità per l’assegnazione nella nostra scuola abbiamo dovuto inserire anche la presa in carico della famiglia da parte dei servizi sociali, oltre alle varie certificazioni BES. Qui l’area del bisogno è molto ampia.

Cosa vi aspetta domani?

La prossima settimana faremo una riapertura graduale degli uffici amministrativi, ci sono molte pratiche da espletare. Ma stiamo pensando anche al dopo, alla fase due e tre della post-emergenza: Emiliano Sbaraglia, un nostro docente, ha proposto di fare della Melissa Bassi la scuola capofila per l’ora d’aria di accompagnamento dei bambini e in prospettiva un punto di riferimento per il ritorno alla vita normale (o quasi), per preparare il rientro a settembre e recuperare i dispersi. Sono i nostri stessi alunni a chiedercelo. Molti di loro vivono del contatto quotidiano con la scuola, della fisicità della relazione con gli insegnanti, della presenza. Nelle settimane di parziale apertura degli uffici amministrativi, i collaboratori hanno notato alcuni alunni della secondaria aggirarsi intorno alla scuola. Mai come in questa occasione i nostri alunni ci hanno fatto comprendere la necessità di una scuola presidio a questo territorio.

Nei prossimi mesi la Fondazione Paolo Bulgari sarà al fianco della scuola Melissa Bassi e dei suoi alunni.