di Enrico Castelli Gattinara
Giunti Editore, 2019

Salvezza: l’essere salvo; il salvarsi, l’essere salvato. Dalla stessa radice di salus, ‘incolumità, integrità, salute’

“Imparare una poesia a memoria può salvarvi la vita”, dichiara il professore con voce teatrale. “Sì, vabbè…”, gli fanno eco gli alunni. “È successo più di una volta – tiene duro il docente – Pensate vi stia ingannando?”. Il botta e risposta apre l’ultimo libro di Enrico Castelli Gattinara.

Da una parte c’è lui, insegnante, scrittore, animatore della rivista online Aperture. Dall’altra ci sono loro, gli allievi di una scuola media romana. Ragazzini dodicenni già “nauseati dal senso del dovere e dai contenuti culturali imposti con la forza del tran tran quotidiano della loro vita scolastica”.

In mezzo c’è l’enormità della sfida educativa oggi, una montagna faticosa da scalare già di per sé, figuriamoci per una classe di ragazzini “saturi di luoghi comuni, di stimoli usa e getta, di frasi fatte e triste pragmatismo consumistico: hanno fretta di risultati pronti ed efficaci, sono ipertecnologici, non credono alla fatica dello studio…”.

La voce del docente rischia di arrivare silenziata dal ronzio di mille device. Il professore lo sa, conosce il rischio e affronta di petto il mandato: “che mi mandino pure a quel paese, che imprechino contro di me… la fatica della cultura è una realtà… ma ci sono situazioni in cui è necessaria e bisogna accettarla”. E con passo deciso, unendo rigore e passione, curiosità e ricerca, sfida i suoi alunni (e noi lettori insieme a loro) a spingersi oltre le colonne d’Ercole dell’ovvio. “Fatti non foste a viver come bruti!”

Ne nasce un viaggio avvincente sul valore taumaturgico della cultura, dell’arte e più in generale della conoscenza. Un otto volante ricco di cortocircuiti geografico-temporali che ci porta dall’empireo dei versi danteschi all’abisso di Auschwitz, da un barrio di Caracas a uno slum di Nairobi, dalle rive del Po alla Stazione Termini, fino a una scuola di italiano per richiedenti asilo.

In luoghi, momenti storici e situazioni molto distanti tra loro, l’incontro con la cultura nelle sue diverse manifestazioni (alta e bassa, poesia e musica, pittura e fotografia, eccetera) si rivela di volta in volta decisivo. Ecco Primo Levi che dimentica per un attimo l’orrore del lager recitando a memoria il canto XXVI della Divina Commedia. Ecco i ragazzi venezuelani salvati dal Sistema di orchestre giovanili, impiantato da quel genio di José Antonio Abreu. Ecco un drappello di ragazzini di Nairobi ai quali Pinocchio regala la chance di rifarsi una vita. Ecco le tele che sottraggono Ligabue al manicomio, la macchina fotografica che toglie dalla strada Mohamed Keita, la videocamera che rimette in carreggiata Dagmawi Yimer.

A tutte queste persone (e ad altre ancora) l’incontro con l’espressione creativa ha restituito, in modi e tempi diversi, integrità e completezza. D’altra parte cultura significa legare insieme le persone fra loro, ricorda Castelli, condividere, partecipare, comunicare e, in definitiva, sperimentare ciò che ci rende così singolarmente umani.

Un inno all’importanza strategica della trasmissione del sapere. La levata di scudi di chi con fatica si cimenta in uno dei mestieri più difficili e meno valorizzati. Una lettura da mandare a memoria in tempi di Coronavirus e aule vuote.