“Non abbiamo fatto gli esami di maturità perché gli inglesi ormai erano a Lampedusa. Allora arrivò l’ordine dal provveditorato – o come si chiamava allora – che gli studenti di terza liceo fossero promossi o bocciati a scrutinio, d’ufficio. Ottenni la promozione. Fine del discorso. In altre parole non ho sostenuto gli esami di maturità.”

Andrea Camilleri, nel libro “La linea della palma” a cura di Saverio Lodato, Rizzoli, 2012, racconta così il suo ultimo anno di liceo. Nel luglio del 1943 in Sicilia le truppe della 7° armata americana insieme agli alleati britannici pervadevano le strade di città e paesi, dal cielo come pioggia cadevano bombe, e nel trambusto generale della grande guerra la scuola si fermò.

Oggi 4 marzo 2020 nelle strade non si vedono correre soldati e nel cielo non rombano i motori dei caccia, ma si combatte lo stesso contro un subdolo nemico: nome in codice COVID-19. Invisibile ma allo stesso modo capace di arrestare in poco più di un mese il cuore pulsante del nostro paese: l’istruzione.

Invitabile, quindi, l’annuncio della Ministra dell’Istruzione che ordina la chiusura in via precauzionale di scuole e atenei universitari da domani 5 marzo in tutt’Italia. La misura è stata presa con un decreto in vigore da oggi che sarà firmato entro questa sera dal presidente del Consiglio.

È un duro colpo per il nostro paese, come fossimo in guerra. Le domande e le preoccupazioni sulla salvaguardia dell’anno scolastico crescono: la serrata rischia di compromettere interi programmi di studio e la situazione lavorativa di migliaia di docenti e personale ATA. Ma bisogna reagire, preparare una resistenza fatta da didattica a distanza, compiti a casa, letture, e soprattutto legami familiari da riannodare, per provare a tenere alta e non ammainare la bandiera della cultura.