Primo maestro di strada a Napoli, sottosegretario all’istruzione, autore di numerosi progetti di contrasto alla dispersione scolastica, Marco Rossi-Doria ha coordinato la stesura del documento del Forum Diseguaglianze e Diversità che fa il punto sulle ricadute della pandemia sull’istruzione. Delinea le principali minacce, gli impegni assunti e da assumere per contenere i rischi e avviare risposte coordinate. Lo abbiamo intervistato.

Marco Rossi Doria, qui sotto è possibile scaricare il documento preparato dal Forum DD e diffuso ieri sul sito. Ci puoi raccontare com’è stato realizzato?

Negli ultimi 5 giorni abbiamo lavorato intensamente sia a livello centrale, intervistando Giovanna Bodo, capo dipartimento del MIUR, sia a livello periferico, ascoltando numerosi insegnanti e dirigenti delle scuole del nord, sud, centro Italia, raccogliendo dati, parlando con gli educatori che affiancano le scuole e con le associazioni, grandi e piccole, impegnate a livello sociale e educativo.

E cosa avete scoperto?

Il primo dato è incoraggiante: i soldi stanziati dal MIUR sono già arrivati sui conti correnti delle scuole. La ripartizione è stata rapidissima ed è stata realizzata sulla base di una discriminazione positiva, a partire da due criteri: la numerosità della scuola pesava per il 30%, l’indice socio-economico-culturale utilizzato per i test Invalsi, per il 70%. Abbiamo anche rilevato che molte scuole avevano dato fondo ai depositi di device per la scuola digitale, avevano attivato gli insegnanti più tecnologici per coprire le classi, avevano già telefonato a tutti coloro supponevano potessero avere problemi con le lezioni a distanza, e stavano acquistando, autorizzati da MIUR, i dispositivi sul libero mercato in deroga alla normativa sugli appalti.

Come vengono consegnati gli apparecchi?

In alcuni casi è intervenuta la Protezione Civile, attraverso il Ministero Interno, a volte la Caritas, a volte perfino i Carabinieri. Nella maggior parte dei casi però si attiva il genitore dopo aver compilato l’autocertificazione: un’informativa diramata ai comuni e alle forze dell’ordine chiarisce che l’autocertificazione è valida per andare a prendere i dispositivi.

E quali sono i problemi principali?

Dal punto di vista prettamente tecnologico c’è un problema di connettività e di mancanza di wi-fi in alcune aree, che si sta provando a risolvere dotando chi ne ha bisogno di modem portatili, le cosiddette ‘saponette’, che però spesso non funzionano a dovere, o insegnando a usare il router del telefono e acquistando per loro byte. L’altro problema tecnico abbastanza serio consiste nell’esaurimento dei dispositivi nei depositi nelle grandi e medie città. Bisogna capire se verranno riforniti in tempo. Poi, ovviamente, c’è tutto il campo delle difficoltà ‘relazionali’ che riguarda in particolare molte famiglie straniere e i contesti sociali più svantaggiati. Anche sul versante insegnanti ci sono buchi di formazione. In generale registriamo una maggiore preparazione degli insegnanti delle medie rispetto a quelli delle elementari; la difficoltà a innovare di molti professori dei licei; la difficoltà strutturale degli insegnanti delle professionali a trasmettere a distanza le materie professionalizzanti e laboratoriali. Ma anche in questo ci sono importanti eccezioni.

Quali sono invece gli aspetti positivi?

È ancora presto per fare un bilancio, vedremo alla fine. La cosa interessante è che c’è stato un vero salto avanti. Quella che generalmente è una ristretta avanguardia di insegnanti sperimentatori ha preso spazio, è diventata più di massa. Molti docenti si sono attivati e hanno fatto leva sulle nuove tecnologie per innovare le modalità della didattica e renderle tendenzialmente più laboratoriali. Contattano gli studenti a piccoli gruppi, fanno fare le ricerche, sperimentano una specie di classe rovesciata online… si mettono in gioco. Poi ci sono anche tanti insegnanti che si limtaano a mandare i compiti, continuano a dare voti, e sono arrabbiati perché non potranno bocciare. Questa moratoria, invece, potrebbe rappresentare un’occasione per fare meglio le cose, ad esempio per fare bilanci di competenze reali (quello che sanno e non sanno) insieme ai ragazzi, e costruire percorsi anche individuali di recupero e potenziamento. All’inizio del prossimo anno c’è anche la grande possibilità di avviare con gli studenti la co-costruzione di una narrazione condivisa di un evento globale così straordinario, destinato a rimanere per sempre nella loro e nostra memoria. Un’occasione educativa straordinaria.

Le distanze tra le scuole si stanno ampliando?

La situazione è in divenire ed è molto articolata. Semplificando in questi giorni abbiamo visto tre diverse situazioni. Ci sono le scuole ‘sole’, ‘chiuse’ al territorio. Non hanno la consuetudine a lavorare con chiunque sia attivo educativamente sul territorio, siano essi i doposcuola, le parrocchie, l’associazionismo, eccetera. Queste ovviamente sono le situazioni più problematiche. Poi ci sono le scuole che hanno appena avviato dei progetti con il territorio e con le quali si fa molta fatica a collaborare: manca un’esperienza comune, un lessico condiviso, eccetera. Nelle scuole invece dove l’apertura nei confronti del territorio è già sperimentata, dove sono già in funzione progetti (ad es. quelli attivati dalla rete Con i bambini, o il Progetto Provaci ancora Sam di Torino, o le reti di scuole di Palermo o di Napoli), allora lì effettivamente gli educatori sono già al lavoro ben collegati con la scuola. In questi casi osserviamo una importante sinergia tra educatori e insegnanti che permette di raggiungere le famiglie e i ragazzi più in difficoltà, mitigando il rischio di alimentare nuove esclusioni.

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